2 giugno 2024

Fortore
Da S. Giorgio La Molara a Toppo Santa Barbara per Ponte dell’Isca e Regio Tratturo

in collaborazione con la Pro Loco di San Giorgio la Molara

Direttori
Piero Vorrasi – 334.3306648
Giuseppe Vicario – 334.3631307
Tipologia di percorso
Traversata
Difficoltà
E (Escursionistica)
Dislivello
positivo: circa 300 m
negativo: circa 400 m
Durata
circa 4 ore
Lunghezza
circa 10 km

Scheda tecnica (PDF)

Appuntamenti

ore 07.45

Appuntamento a Benevento in via Gabriele D’Annunzio (coordinate GPS: N 41.128128, E 14.793585) e partenza con auto proprie alla volta di San Giorgio la Molara (BN). Km 30 – circa 40 minuti.

ore 08.30

Raduno a S. Giorgio La Molara presso Monumento ai Caduti ed inizio escursione.

ore 13.30

Orario presunto di termine dell’escursione. Al termine dell’escursione pranzo facoltativo organizzato dalla Pro Loco presso ristorante “De Cecco”.

Itinerario

San Giorgio la Molara, Pisco Tonico, C.da Maddalena, C.da Taverna, Ponte dell’Isca, Mulino Ielardi, Toppo Santa Barbara.

Equipaggiamento

Scarpe da trekking, abbigliamento a strati adatto alla stagione, cappello, giacca a vento o mantellina antipioggia, bastoncini da trekking, acqua.

Partecipazione e costi

L’escursione è aperta sia ai soci CAI che ai simpatizzanti muniti dell’idonea attrezzatura, previa sottoscrizione dell’assicurazione giornaliera obbligatoria (costo 8,40 euro). Al termine dell’escursione, pranzo facoltativo, organizzato dalla Pro-Loco, presso Ristorante De Cicco (antipasto con salumi locali e formaggio, pappardelle ai porcini, arrosto misto di maiale, dolce e bevande incluse – costo € 30,00 e prenotazioni entro il venerdì).
Per partecipare è obbligatorio prenotarsi entro venerdì 31 maggio  2024  contattando uno dei direttori d’escursione.

La partecipazione all’escursione implica la conoscenza integrale e l’accettazione incondizionata del programma dell’attività, come presentato nella scheda di escursione, e delle norme del “Regolamento di partecipazione alle attività Sociali”  del C.A.I. di Benevento, disponibile all’indirizzo https://bit.ly/3wq5Ilo. 

Avvertenze

a) I Direttori di escursione si riservano di modificare in tutto o in parte l’itinerario in caso di necessità.

b) I Direttori per la loro responsabilità si riservano di escludere dalla propria escursione i partecipanti non adeguatamente attrezzati e allenati.

Per info e adesioni contattare

Piero Vorrasi – 334.3306648
Giuseppe Vicario – 334.3631307

Descrizione dell’itinerario

Il cammino inizia nei pressi del monumento ai Caduti con un attraversamento dell’adiacente porzione di centro storico eretta sul “Pisco Tonico” (m. 630 s.l.m.), una suggestiva conformazione rocciosa da cui è possibile avere una visione completa di gran parte dell’antico centro e, nel contempo, dell’estesa valle del Tammaro. Dopo una breve sosta alla Croce di pietra, eretta nel periodo medievale al centro del crocevia che segnava, insieme ad una chiesetta dedicata a San Rocco, l’inizio del centro abitato, si lascia il paese attraverso la caratteristica via “Apparuta”. Al termine di questa si volge a destra imboccando l’antica via “Straniera” che, provenendo dalla profonda vallata di Calise, conduceva i viaggiatori all’inizio dell’insediamento abitativo. La si segue per qualche chilometro in graduale discesa, su un fondo sterrato con tracce di vecchio selciato, fino ad incrociare la strada provinciale, che viene attraversata per imboccare un sentiero piuttosto erboso, seguendo il quale, per meno di un chilometro, giungiamo a c.da Maddalena. Qui, sulla sinistra, si prende una stradina asfaltata che sale per breve tratto e la si lascia, immettendosi in un ampio sentiero, che assume in parte le caratteristiche della “cupa” ((Le Cupe sono costituite da un percorso che si snoda in gran parte verticalmente lungo i fianchi del monte, incavato nel terreno anche a seguito della millenaria azione dell’acqua, con fondo sterrato e pietroso, affiancato su ambo i lati da una fitta vegetazione arborea che sovrasta il cammino e crea una copertura boschiva, rendendolo meno illuminato, cupo, ma anche protetto dal calore del sole estivo).

Seguendo tale sentiero, che nell’ultima parte scende più gradualmente, si giunge nella valle di Calise ad incrociare il Tratturo Regio nei pressi di c.da Taverna. Si attraversa, agevolmente in questa stagione, il torrente Tammarecchia (affluente del vicino fiume Tammaro) per raggiungere, su stradina brecciata di qualche centinaio di metri, l’antico Ponte dell’Isca.  Questa testimonianza del passato era rimasta per anni quasi del tutto sommersa nel terreno. Poi, le acque impetuose dell’alluvione dell’ottobre 2015 hanno lasciato emergere l’antico ponte, che è apparso nella sua interezza. Trattasi di un manufatto di origine romana a tre arcate, del tutto rimaneggiato nella parte medio-alta durante il periodo medioevale.

Dopo una breve visita, si ritorna sul Regio Tratturo, attraversando c.da Taverna, dove ancora insiste la storica costruzione, punto di ristoro lungo il percorso della transumanza, profondamente manomessa con il succedersi nel tempo di diversi interventi.

Si prosegue lungo il Tratturo, che in questo luogo vede sovrapposta una strada asfaltata per qualche centinaio di metri, e lo si segue poi per un ampio percorso, con fondo sterrato ed erboso, che risale il fiume traversando l’ampia piana di Calise fino ai resti dell’antico mulino Ielardi, di origine medioevale, che costituiva un altro punto di ristoro fortificato (si nota ancora una torre e le mole in pietra) sulla via della transumanza.

Da questo sito si inizia a salire verso il promontorio di Santa Barbara, dapprima, per qualche centinaio di metri, su stradina asfaltata, piegando poi a sinistra su comodo sentiero sterrato, con qualche tratto erboso, costeggiato da alta vegetazione arborea, che presenta una prima parte quasi pianeggiante e poi un secondo tratto in media salita.

Dopo poco più di un chilometro, si incrocia, ormai in prossimità della cima, una stradina in asfalto, da percorre per poche centinaia di metri. Quindi la si lascia, imboccando un viottolo che si snoda tra resti di mura megalitiche e ruderi dell’insediamento medioevale di San Severo (Castellum Sancti Severi) emergenti dalla fitta boscaglia, per giungere infine in un ampio spazio che circonda la Chiesa di Santa Barbara, fortemente rimaneggiata nel tempo, la cui originaria costruzione risale al XII secolo.

CENNI STORICI

PONTE DELL’ISCA

Recentemente riportato alla luce dopo l’alluvione dell’ottobre del 2015, risulta essere uno delle scoperte architettoniche ‘fortuite’ più interessanti degli ultimi anni nel territorio sannita. Situato nel Comune di San Giorgio La Molara, in provincia di Benevento, il ponte percorre la diramazione Nord-Ovest del fiume Tammaro, nella località detta Calise. La struttura risulta essere di tre arcate: le due laterali, parzialmente interrate, sono di grandezza inferiore a quella centrale, libera da ogni ostruzione.

Per il suo palese aspetto “a gobba d’asino”, con l’arcata centrale che sporge acuta, formando una parabola alta e ampia, si è ipotizzato essere una costruzione di epoca medievale. E’ opportuno prestare attenzione al registro sottostante del ponte, lungo la spalla della campata centrale: la composizione di grossi blocchi squadrati di calcare, con un ordine di posa di qualità maggiore rispetto alla parte restante della struttura, non esclude una fondazione romana, forse residuo di un ponte preesistente, però successivamente rimaneggiato. Nel dettaglio, lungo l’intradosso e l’estradosso, si notano solo conci non sagomati – tranne lungo la chiave del ponte (la parte centrale dell’arcata) – e non presentano rastremature apparendo rozzamente inseriti. Un elemento che fa dubitare di una datazione medievale è, in primo luogo, l’assenza totale tra pietra e pietra di laterizio che, per la sua elasticità evita fratture e staticamente è molto efficiente. Per cautela è opportuno collocare la parte superiore delle spalle del ponte – per come appare tutt’oggi – in epoca moderna, dal Seicento in poi. La sua muratura scorretta può essere motivata da riparazioni per esigenze militari oppure a seguito di problemi di ordine idrologico, di cui la zona è soggetta, oppure ancora per avere un accesso viario al Regio Tratturo, poco distante, in direzione Sud-Est. I 12 km del percorso tratturale che tagliano in due parti il territorio di S. Giorgio la Molara, si presentavano, fino agli inizi del Novecento, come un lungo prato nastriforme, pietroso o in terra battuta, bordato da siepi e muretti a secco, facendo parte di un più ampio tragitto di transumanza ‘Pescasseroli – Candela’ che attraversa il Sannio: il terzo tratturo, per ordine di lunghezza, dell’Italia Meridionale. Altri elementi rilevanti che valorizzano il Ponte dell’Isca è la sua vicinanza con la ‘Taverna’, luogo di ristoro per i viandanti del Regio Tratturo; la presenza archeologica in contrada Calise di una ‘Statio Romana’, giustificata dall’incrocio di strade in cui questa sorge; la persistenza visibile tutt’oggi di una cospicua divisone agraria (lottizzazione) di chiara impronta romana lungo il fiume Tammaro. Un’importante analogia architettonica la possiamo constatare da un acquerello su seppia realizzato da Carlo Labruzzi in occasione del suo viaggio lungo la via Appia nel XVIII secolo: il ponte “Sul fosso Ponticello nei pressi di Benevento” non avendo analogie architettoniche con il ponte di epoca romana sito a Rione Ponticelli in Benevento, si può ipotizzare che sia una fedele riproduzione di un ponte coevo a quello sito a San Giorgio La Molara, se non proprio il Ponte dell’Isca.

CASTELLUM SANCTI SEVERI  (TOPPO SANTA BARBARA)

Il territorio in cui si estende il comune di San Marco dei Cavoti è stato abitato fin dai tempi più remoti, e di questo i ricordi più sicuri si riferiscono alla città di Cenna e al castello di San Severo.

Il Niebhur, non avendo trovata segnata questa città di Cenna nelle antiche carte geografiche d’Italia, credette che non fosse mai esistita. Ma altri scrittori e storici come Cluver, Ughelli, Boragine,Falcone Beneventano, Evelyn Jamison, Di Meo, Capasso, Alfredo Zazo e i Registri della Cancelleria Angioina, ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani (vol. II, 1265-1281, Napoli 1951, Registro VIII, n. 527, pp. 136-137), l’ammettono senz’altro affermando che si trattava di una città sannita, che si trovava in territorio irpino-sannita e precisamente nel territorio di San Marco dei Cavoti e sia stata abitata al tempo dei Romani. Ma essa ebbe fine in tempi lontani,verosimilmente a seguito di un terremoto, e il territorio rimase disabitato. Perciò il ciclo di questa città si chiuse completamente nel periodo romano-sannitico anche perché alcuni abitanti della città si rifugiarono sul vicino colle, dove in seguito si sviluppò il nuovo abitato di S. Severo, posto su di un colle (a circa 4 km dell’abitato attuale e a circa 1,5 km dall’antica Cenna), poi detto Toppo di Santa Barbara

Così il nuovo centro, sorto nel territorio di San Marco, fu Castellum Sancti Severi. L’origine di questo castello è del tutto ignota, anche se sul sito vi sono notizie circostanziate, che lasciano tuttavia larghe zone di ombre. La designazione ci porta all’alto Medioevo. In epoca normanna faceva parte della grancontea di Ariano. I primi sicuri accenni a questo castello li troviamo nel Chronicon Beneventani Monasterii S. Sophiae, in un diploma del luglio 1114, datato appunto da S. Severo.

Il nome di S. Severo ricorre con una certa frequenza nell’Obituarium S. Spiritus della biblioteca Capitolare di Benevento (secc. XII-XIV). Esso nella sua piena vitalità aveva le seguenti chiese: S. Pietro, S. Nicola, S. Barbara e S. Maria, S. Severo.

Il paese fu distrutto per il terremoto del 9 settembre 1349, ma l’ultimo colpo lo ebbe con la spedizione di Luigi il Grande, re d’Ungheria nel 1352.

Rimasto spopolato e distrutto San Severo, il feudatario Luigi di Shabran, che aveva tutto l’interesse a vedere ripopolata la zona, bandì l’invito, naturalmente con larghe promesse di libertà e franchigie, ad accorrere per farsi suoi vassalli. Un folto gruppo di Provenzali diede ascolto alla sua parola.

La prima volta che compare il nome di San Marco è nella Platea antiqua di S. Sofia del 1382. Tre anni dopo, nel 1385, abbiamo le Capitolazioni.

Si consideri infatti che “dei Cavoti” corrisponde all’originale “de Gavotis”, e Gavots erano gli abitanti delle montagne di Gap in Provenza. Quindi “dei Cavoti” è equivalente a “provenienti della città di Gap”, e cioè Provenzali.

2 giugno – da San Giorgio la Molara a Toppo Santa Barbara